34. The fly (di Vertigo)
Ore: 00:10.
Rientro a casa dopo una giornata di faticoso lavoro (beh,
quasi...). In realtà sono reduce da una cena sovrabbondante al
ristorante (ravioli di ricotta burro e salvia,
cotoletta milanese fredda con pomodori tritati, patate fritte, torta
meringata, caffè) e da un film ("Chiamami di notte", giallo a
sfondo erotico-telefonico, discreto).
Sono poche le gioie della vita paragonabili a quella di entrare nella
propria casetta, richiudersi la porta dietro le spalle e il mondo esterno
dietro di essa e soprattutto correre al gabinetto perché hai
passato tutto il tempo al cinema con la vescica piena come un otre e la
pressione ti sta causando malori a sfondo mistico.
Così, prima che le pareti della mia uretra cedano alla pressione interna,
causando una tragica esplosione, mi avvento verso la tazza del water e,
ricordandomi di abbassare i calzoni, comincio a compiere quello che Freud
avrebbe definito "un ritorno alla fase escretoria".
Improvvisamente, il terrore! Sono a metà dell'operazione quando qualcosa di indefinibile ma certamente spaventoso si avventa su
di me da dietro, con l'apparente intenzione di attaccarmi.
Lo shock è tale che mi getto al suolo terrorizzato, con il cuore che batte
all'impazzata. Senza nemmeno essermi accorto di aver asperso il mio paio di
calzoni preferito con le ultime vestigia delle mie deiezioni liquide, trovo
riparo ripiegandomi in posizione fetale sotto il lavandino.
Attendo qualche secondo. Silenzio.
Forse è stata solo la mia immaginazione, mi dico. Eppure non ho nemmeno
mangiato la fonduta al formaggio stasera. Cautamente scosto l'asciugamano
che, penzolando dal lavandino, mi copre la visuale.
Un minaccioso ronzio mi fa sobbalzare. Mi rifugio di nuovo sotto il
lavandino, sbattendo la fronte contro lo spigolo, e mentre gli occhi mi si
riempiono di lacrime per il dolore, comincio a temere di avere a che fare
con una minaccia invisibile.
E' solo dopo parecchi secondi che decido nuovamente di indagare e,
sporgendomi nuovamente dal mio rifugio, vedo un'ombra che passa davanti al
lampadario, oscurando per un istante parte della stanza.
Quando l'ombra si è posata, riesco a distinguere appena una forma
spaventosamente grande sulla parete sopra al mio water. Causa miopia, non
riesco a capire di che si tratta, ma solo che le dimensioni eccezionali
escludono che possa trattarsi di una mosca, una zanzara o anche un
calabrone.
Lascio trascorrere parecchio tempo e, non notando segni di vita, mi decido
temerariamente ad abbandonare l'illusoria sicurezza del mio riparo per
studiare il nemico. Mi avvicino con cautela e riesco ad
identificarlo: una libellula, o così almeno credo a giudicare dalle due
paia di ali per lato. E non una semplice libellula, ma la più GRANDE libellula che abbia mai visto in vita mia. Lunga almeno
una quindicina di centimetri, con altrettanti di apertura alare.
Ha! E io che mi spavento come un bambino per una
semplice, innocua libellula, rido. Non appena il mostro accenna a muoversi,
però, scappo come un razzo dalla stanza, chiudendomi la porta dietro le
spalle, e chiedendomi se una porta di legno è abbastanza resistente da
consentirmi di essere al sicuro. Mentre il mostro è ormai padrone del mio
cesso, riordino a fatica le idee rifugiato nella mia stanza. Sarà anche
innocua, mi dico, ma preferirei che se ne andasse. Ho un'innata repulsione
per tutto quanto ha più di due zampe ed è più grande di un bottone, e
questa libellula soddisfa entrambi i requisiti; però la mia straordinaria
bontà mi impedisce di fare del male ad un animale
innocente. Anch'io, sembra strano, lo so, ho i miei principi.
Così escogito il piano: mi armo di una bombola di "Gled Aria
Nuova" agli aromi di bosco e del bastone estensibile che mia madre usa
per tirar giù gli abiti appesi negli armadi più alti. Spero che il
"Gled" non le faccia male. Cautamente, brandendo il bastone, apro
uno spiraglio della porta; il mostro è ancora là, sulla parete. Entro,
sorridendo delle mie paure: ma guardala, una stupida libellula che potrei
schiacciare tra due dita, e io dovrei averne paura?
Spalanco la finestra, mi allontano di due metri, estendo al massimo il
bastone e lentamente mi avvicino. L'idea è quella di
toccare appena l'insetto e convincerlo perciò che la sua presenza non è
gradita; la finestra aperta, inoltre, dovrebbe essere un invito più che
eloquente ad abbandonare il campo.
Non appena tocco il mostro, esso si mette a volare all'impazzata, ronzando
e planando direttamente verso di me come un kamikaze verso una portaerei
americana a Pearl Harbour. Il panico è troppo: abbandono il bastone e punto
il Gled, che tenevo nella sinistra, verso l'aeromobile e faccio fuoco. Lo
spruzzo non gli fa niente, ma è sufficiente per fargli
cambiare traiettoria, mentre io arranco faticosamente verso la porta e
fuggo scompostamente.
Ok, mostro, il primo round è tuo.
Ritornato nella mia stanza, decido che le buone maniere evidentemente non
servono. Rovisto nello sgabuzzino e ne esco dopo qualche istante armato di
"Baygon mosche e zanzare". Ora lo vedremo, chi comanda nel mio
cesso, schifoso insetto insolente! Brandendo il Baygon, apro la porta ed
entro. Il mostro non si vede da nessuna parte; ispeziono con gli occhi la
stanza, ma è troppo tardi: la libellula, nascosta sulla parete
immediatamente sopra alla porta, cala come un'incudine sulla mia testa e
comincia a sbatterci contro all'impazzata, mentre
io urlando spruzzo Baygon in ogni direzione, mia cervice compresa. Il caos
è totale, nella frenesia di levarmi il mostro dalla testa travolgo ogni
oggetto, rovescio bottiglie nella vasca, mi rotolo
a terra ed infine, afferrato un asciugamano, comincio a colpire
all'impazzata in ogni direzione.
La bestia! Ora la vedo! Svolazza intorno alla boccia del lampadario,
colpendolo ogni tanto con tale furia da farlo oscillare visibilmente. Punto
spietatamente il Baygon e faccio fuoco, tenendo il dito premuto così a
lungo da farmelo dolere, ed avvolgo il lampadario
in una nube di insetticida.
Lo spruzzo è così prolungato che l'aria, nonostante la finestra spalancata,
diviene presto irrespirabile. Mi brucia la gola, mi lacrimano gli occhi. Ne
spruzzo così tanto che comincia a condensarsi sul lampadario e, infine, a
gocciolare a terra. Il mostro sembra beato, avvolto nella nube tossica. E'
lucido di veleno, ma sembra più sano che mai. Gli occhi composti mi fissano
con commiserazione, mentre si posa sul lampadario agitando le zampe.
Esaurisco la bombola di Baygon su di lui, senza effetto, e alla fine mi
vedo costretto ad uscire dal bagno ormai
trasformato in camera a gas. Sono ridotto ad un
rottame: entrato per orinare, ne esco con gola ed occhi gonfi, pesto e
lacero e coperto di insetticida appiccicoso. Il mio odio per il mostro
ripugnante è immenso. Non volevo farlo ma mi ci hai costretto, rimugino
mentre rovisto in un cassetto alla ricerca dell'arma finale: il mio lanciafiamme
fatto in casa, costruito parecchi anni orsono in un impeto di genialità
distruttiva. Composto da uno spruzzatore per
profumi e da un accendino opportunamente collegati, il lanciafiamme non è
più stato usato da quando ho dato fuoco alle tende della mia stanza, con
grande costernazione della mia famiglia. Ma le
circostanze avverse spingerebbero un uomo a qualsiasi cosa.
Carico il lanciafiamme con del profumo "Joy de Patou", in
mancanza di meglio (se se ne accorge mia
madre.....). Controllo l'efficienza dell'arma, spruzzando una fiammata lunga una trentina di centrimetri nell'aria della notte
al di fuori della finestra della mia stanza. Tutto bene, posso andare.
Mi sento come Rambo, come Sigourney Weaver in "Alien", come Roy
Scheider ne "Lo Squalo". Nulla mi può fermare, la Bestia deve morire. Entro e richiudo
la porta velocemente: una volta entrato, solo uno di noi due dovrà uscire da questa stanza.
Il mostro giace sul lampadario, sfidandomi quasi a combatterlo. E se fosse
una mutazione genetica causata dall'uso eccessivo di insetticidi?
Ciò ne spiegherebbe le dimensioni e la resistenza al Baygon. La prossima
volta voto verde, lo giuro. Non è più tempo di recriminazioni. Punto il
lanciafiamme accuratamente. Dì ciao, mostro!
Whoooosh!
Una fiammata, e la libellula non c'è più. In compenso il mio lampadario
cosparso di Baygon ha preso fuoco, è una torcia! Apro il rubinetto della
vasca, attivo la doccia ed irroro il lampadario
con un potente getto d'acqua. L'incendio è domato, ma l'acqua filtra lungo
il cavo nel lampadario. Un sonoro "whump", unito allo spegnersi
delle luci in tutto l'appartamento, mi avverte che l'impianto elettrico è
kaputt.
Chi se ne frega! Il mostro è sconfitto! Al buio non riesco a vederne il
cadavere fumante, ma non mi preoccupo; come non mi preoccupo
dei danni disastrosi: il generale vittorioso non si cura delle migliaia di
soldati morti, dopo la battaglia.
Ma nel buio, un ronzio. Dapprima flebile, tale da
indurmi a credere di averlo immaginato. Poi, più forte. Il mostro è
sopravvissuto!
Esco dalla stanza urlando di rabbia, richiudo ancora la porta ed esco
dall'appartamento. Prendo l'ascensore, scendo in cantina, arrivo alla
porta, mi accorgo di aver dimenticato le chiavi, ritorno in casa, prendo le
chiavi, ridiscendo, apro la porta, trovo tra le
decine di contatori quello collegato al mio appartamento, ne individuo
l'interrutture saltato e lo riattivo. Una volta rientrato in casa, con le
luci finalmente accese, sono pazzo di furore. Afferro un martello e mi
dirigo al cesso, deciso a spappolare la bestia contro una parete, dovessi
morire nell'impresa. Sono ormai ridotto ad uno
stato belluino, come Karen Black quando lottava contro il pupazzo assassino
in "Trilogia del terrore".
Ebbro di violenza, assetato di sangue, non voglio altro che la morte del
mio avversario. Non fate prigionieri, miei prodi.
Che piacere sarà, sentire l'insetto frantumarsi sotto i colpi del mio
martello! Voglio vederne il sangue, di qualsiasi
colore esso sia, schizzare sulle piastrelle, imbrattarne le pareti. Voglio
annientarlo fisicamente, dovessi impiegare una bomba nucleare.
Entro, spalancando la porta. Questa volta non mi curo di richiuderla, sono
troppo incazzato. Individuo subito il bersaglio, adagiato sulla parete che
agita le ali.
Chissà perché non se ne vuole andare spontaneamente. Chissà perché è
entrato nel mio cesso, in primo luogo!
Poi ricordo che le finestre in casa mia sono state sempre chiuse, durante
la mia assenza. Come può essere entrato? Forse è davvero un mostro
sovrannaturale, o una minaccia aliena, o una proiezione delle mie paure
inconsce, o un'allucinazione da delirium tremens causata dall'alcool. Ma
sono passate 24 ore dall'ultimo gin & tonic!
Non importa. Pensiamo prima ad annientarlo.
Sto per vibrare il fendente mortale quando, vedendo l'insetto che mi fissa
senza muoversi, comincio a subdorare un inganno. E se vola via proprio
quando sto per colpirlo? Potrò spiegare l'incendio del lampadario a mia
madre, al suo ritorno, attribuendolo ad un corto
circuito. Ma come giustificare una piastrella
della parete polverizzata a martellate? La ragione ha la
meglio. Poso il martello. Richiudo la porta e torno nello
sgabuzzino. Quando rientro nel bagno sono armato
di coltello, nastro adesivo da pacchi, un contenitore semisferico di
plastica trasparente per alimenti, un trapano elettrico per modellisti, una
cannuccia di plastica e una siringa da pasticceri. Con il contenitore di
plastica in una mano, prendo cautamente la mira e, dopo diversi minuti di
meditazione zen, mi calo sulla preda, imprigionandola contro la piastrella.
Il mostro sbatte contro le pareti di plastica con violenza, ma ho
appoggiato tutto il peso del mio corpo contro il muro e non può fuggire.
Tenendo fermo il contenitore con una mano, afferro con l'altra il nastro
adesivo, con il quale lo assicuro sommariamente alla parete. Poi, con il coltello e con altro nastro adesivo, sigillo
ermeticamente la tomba di plastica al muro. Ora il contenitore
spunta dal muro, sospeso come una mostruosa escrescenza nella quale un
orrido insetto si agita ronzando follemente. E' giunta l'ora della
vendetta!
Quando sono certo che il contenitore sia attaccato alla parete in modo
assolutamente ermetico, attacco il trapano e pratico un foro sulla sommità
del contenitore, appena abbastanza largo da far passare la cannuccia. La
infilo nel foro, sigillo anche i bordi del foro
con il nastro isolante. Nello sgabuzzino trovo del silicone, con il quale
assicuro la tenuta stagna del contenitore alla parete. Mentre compio questa operazione la libellula mi guarda stranita. Forse
ha capito ciò che l'aspetta. In cucina riempio la
siringa di alcool denaturato. Torno in bagno e, attraverso la cannuccia,
irroro la bestia immonda di alcool, sperando di decretarne la fine. La
libellula si agita, spruzza alcool contro le pareti del contenitore, mentre
io comincio a sentirmi in colpa. Ma è solo un
istante. Forse i soldati nazisti hanno avuto pietà delle loro vittime
inermi a Mathausen? E' un paragone del cazzo, lo so, ma per giustificare il
mio operato in quel momento basta poco per
convincermi.
Visto che l'alcool non ha effetti mortali,
esasperato, torno in cucina e riempio la siringa di tutto ciò che mi sembra
adatto allo scopo: Cif Ammoniacal, Viakal, WC Net, Perborato di sodio Omino
Bianco, Vernel Liquido, persino Coca Cola (l'ingrediente più letale). Il
cocktail mortale scivola nel contenitore riempiendolo fino a metà: è
talmente corrosivo che la plastica, anche dove non è bagnata direttamente,
comincia a divenire opaca. La libellula cade nel
liquido, si agita debolmente e poi giace. Continuerà ad agitarsi molto a
lungo. Ora è lì che galleggia semi immersa nella mistura, ma ancora non mi
fido ad aprirne la liquida tomba. Anche perché non so esattamente come fare
senza spandere in tutto il bagno il liquido
contenuto nell'emisfero saldato alla parete. Ma
sarà veramente morta? O appena aprirò, essa mi assalirà schizzandomi di
acido, divorandomi gli occhi, rosicchiandomi la lingua, inoculando le sue
larve sotto la mia pelle, quale orribile bozzolo vivente? Tremo all'idea.
Anzi, non ho nemmeno il coraggio di tornare in bagno. E se la libellula non
fosse stata sola? Se un'altra belva volasse indisturbata per la mia casa,
pronta ad avventarsi su di me non appena, spente le luci, io mi adagiassi
sul letto?
Questa notte non dormirò....
La minaccia della Libellula Assassina incombe ancora, lo so. Quella che ho
catturato non era che un'avvisaglia di un pericolo
ben maggiore. Ho scritto queste righe per avvertirvi della minaccia che
incombe su di me. Dovevo dirlo a qualcuno. Se dovesse capitarmi qualcosa,
saprete cosa è accaduto. Ma ora... cos'è stato?
Era un ronzio, quello che ho udito? Un frullare di ali? Meglio che vada a
vedere....
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