CARA SUTRA....
amica mia sconosciuta, non sapendo a chi altri, a te dedico queste mie ejaculazioni in rima, perchè - per quel giorno in cui per la prima volta t’avventurerai ad attraversar la strada fuori dalle strisce piedonali - è bene che tu sappia che la vita è un affare oltremodo nojoso, che di tant’in tanto conviene galvanizzare.
E quando dico "affare", intendo anche e soprattutto quel qualcoso virile che si erge o pende o esita a prender posizione, a seconda degli stimoli circostanti.
E le femmine pure - nel senso di anch'esse - dovrebbero dire "affare" per quel, anzi per quella che le riguarda.
Perché, nei fatti crudi, la loro giuggiola o è prolungata di tentacoli poliposi che tutt'intorno brancano voraci oppure - sibbene monca essa giuggiola di essi tentacoli per opinabile automutilazione perbenistica - non riesce tuttavia a tacitare la sua voce affè stentorea e calamitante più di un imbonitore di mercato.
Ora conviene, cara Sutra, che noi ci si introduca tosto in argomento, come diceva maliziosamente quel vìllico prima di svillaneggiare la villanella.
La qual essa villanìa compiuta, erano l'uno svuotato dei suoi umori più urgenti, l'altra alla gioiosa ricerca delle sue mutande nel fieno.
Tuo, Cialtron Quelsal.
Acrobata in un circo, lei ostentava
forme
barocche nel bel costumino
e,
volteggiando come un uccellino,
alfine ad
un compagno s’aggrappava.
Là dove l’altro si faceva duro,
lei
ritrovava appiglio più sicuro!
Bastò solo uno sguardo, in ascensore,
fra tanta
gente. Tu mi rispondesti
plasmando
la tua schiena alle mie vesti
tese
dall'istantaneo turgore.
Ah, m'ancorai fra le tue amate sponde
come un
vascello che rinnega l'onde!
Dolce malinconia di carni
bianche,
marmo prezioso fra merletti neri,
sbuffi di panna che sui miei pensieri
si posano come colombe stanche.
Ma fra le gambe quel triangolino
fa piroette come un arlecchino!
Abito di buon gusto, bella
donna,
lei si presenta per fare il provino
dei "Volti nuovi". Un tizio truffaldino
l'invita spiccio: "Tira sù la gonna."
Resta di stucco, poi si fa
convinta
che il volto nuovo sta sotto la cinta.
per rubacchiare spiccioli e quisquilie.
Minaccio e scopro le
sue meraviglie
tirando sù la gonna: fra i merletti
infilo il pene vìndice. La serva
la sua condanna nello specchio osserva.
Alla bisboccia della
goliardia,
fu estratta a sorte, quindi denudata
e data in pasto inerme e incappucciata
ad un'assatanata compagnia.
Ne prese tanti, di diversa
gente,
ma uno solo… le rimase in mente!
Bruci nel sole, bionda
cotoletta
ben impanata nel tuo costumino.
Balzi con uno scatto
repentino
alla gelata doccia che t'aspetta.
Quell'acqua ghiaccia t'appuntisce il seno:
il mio cervello è vuoto, il cazzo pieno!
Che bella
autostoppista! Mi fermai,
la testa intrufolò nel finestrino
per chiedere il passaggio. Un colpettino
ed il cristallo rapido rialzai.
Rimase intrappolata, a
schiena china:
scesi e le feci indietro una sveltina.
La
villanella che rimuove il fieno
ha una leggera veste in cotonina:
ad ogni sbuffo d’aria, s’alza e, china,
scopre il covone del suo culo pieno.
A quella vista, c'è
sempre un villano
pronto a trebbiar con l'asta o con la mano.
Le cascano gli
occhiali ed è una talpa,
non vede ad un sol palmo la zitella,
che si mantiene ancor formosa e bella:
va tastando alla cieca, finché palpa
il mio apparato. Poi si meraviglia:
" Che strana questa porta e che maniglia!"
Lei sfila sopra un
carro, a Carnevale,
sirena in mezzo a un mare di cartone:
soltanto mezzo busto in ostensione,
il resto sotto. Un attrezzista sale
dentro il cassone, cala la mutanda
e gioca con la fica calda e blanda.
"Alla Bella Ortolana" è una bottega
dove ciliege e pesche non son chieste:
la florida padrona dalle ceste
cava cetrioli o all'avventore spiega
che banane e zucchine le ghiottone
le preferiscon sane, son più buone!
Quand’era
piccolino, la fantesca
lo baloccava in vasca, ad ogni sera.
Lui mollava il sapone e
questo era
il tormentone di un'ingenua tresca.
Passaron gli anni e non la
saponetta,
lei trovò in acqua, ma la verga eretta.
Davanti a lei, seduti nel
vagone,
scrutano in tre con occhi perforanti.
Si passa in galleria: mani
brucianti
la toccan fra le gambe e l'emozione
la scioglie. Quando il buio s'è
dissipato,
è il prete quel che pare il più turbato.
Il chiacchericcio fitto se
ne sale
sull'ali d'un vinello generoso,
all'improvviso vuol toccare il coso
del suo vicino, serio commensale.
Fra le dita di seta lo tien caro,
mentre sorride a suo marito ignaro.
L'uscio della toilette
ahimè si blocca
e solo può tentar la finestrella
per uscir fuori: va la nostra bella
a gambe avanti, ma rimane, sciocca,
alla fine incastrata!
Chi là passa,
coi suoi tesori schiusi se la spassa.
Lo sguardo del guardone
alla fessura
della cabina al mare, presso l’onde,
lei se lo culla fra le poppe tonde
che imperla finemente la calura.
Quando ritorna in spiaggia, va rinata
come una barca fresca d'impeciata.
Perse e la penitenza toccò
a lei.
Sol con la bocca, in una
stanza scura,
dovea, bendata, ritrovar la dura
asta di suo marito fra altre sei.
Tentò più
volte, finse di sbagliare
e le riuscì più a lungo di succhiare.
Ha la boccuccia fresca
come rosa,
gli occhi profondi sono violacciocche,
campanule le tette e cento bocche,
sì, bocche di leone ha la sua cosa.
Quindi è una serra? No, non è serrata,
né tantomeno è schiusa: è spalancata!
Come una segretaria
vecchio stile
siedi sulle mie gambe sculettando,
così che mi vien duro, fino a quando
t'alzi turbata per quel mio fucile.
E mi rimbrotti, ma il rossore in viso
dice ch'hai ancora in corpo il paradiso!
Corri libera in sella
per i prati,
ed ogni scossa stimola la fica.
Quando torni alle stalle, par che dica:
"Dammi al primo
venuto!" Lì fra i fiati
caldi dei purosangue, allo stalliere
la mostri e te la striglia a suo piacere.
Attenta al marinaro! Se ti tocca,
ti fa promesse che poi non mantiene!
Dice "Solo un
bacino." Poi sostiene
"Non intendevo
quello con la bocca,
ma quello che ci hai in basso!" Ora ti stringe
ed a tutto vapor dentro lo spinge.
Fece di Francia la
Rivoluzione,
finì baldracca al seguito dei fanti,
per prendere bastoni, tanti e tanti!
Avea udito dir
Napoleone
ch'ognun di loro nello zaino aveva
il baston del comando: quel voleva!
Quella che avea subito una
rapina,
raccontava alle amiche che i banditi
l'aveano avvinta al letto e poi finiti
i traffici, godean la passerina.
"Ma questo non l'ho detto a mio marito!"
concluse e sulle labbra pose il dito.
Scoprì durante un viaggio
nel Giappone
le Stanze del Piacere: eran cabine
di legno tutto buchi, finestrine
da cui spuntavan cazzi in erezione.
Potè succhiarli, farci cose
strambe,
goderli fra le chiappe e fra le gambe.
Festa fra maschi,
prima tanto bere
e poi un filmetto porno, che ghignate!
Là, fra le cortigiane
mascherate,
proprio sua moglie gli par di vedere!
Quella che riteneva
ormai scondita,
ora si fa minestra saporita.
"Glande" lo
chiami questo mio carnoso,
villano cazzo, ch'ora ti balocchi
“umettandolo” in
bocca, a lesti schiocchi
sapienti della lingua. Decoroso
nella tua bocca fai parer perfino,
o amata, un comunissimo pompino.
Chiese curiosa
"Che? Godemiscè?"
La guida del museo
disse ammiccando
"E' un pisello
d'avorio, ch'ebbe quando
amò due re di Francia la Puatié.
Per la bella Diana
giammai sazia
lo cesellò Cellini, con sua grazia."
Infoderi le gambe
affusolate
dentro le calze scure, lisce e tese:
sembran lame lucenti, dall'imprese
di toreri andalusi consacrate.
Dal nero, il corpo
bianco si scatena
come l'urlo del pueblo nell'arena!
Telefoni ad un altro e,
va'a sapere,
per caso trovi me. Dopo un nonnulla,
confessi le tue voglie di fanciulla,
le piroette che ti fan godere.
Io penso che domani sarà
atroce:
tutte le donne avranno la tua voce!
Voleva arrotondare il suo
salario
Concetta, la domestica, ed
allora,
quando non era in casa la signora,
faceva col padron lo straordinario.
Lui il corpo di denaro
s'adornava,
lei solo con la bocca lo incassava.
"Vuole provare il
metodo indolore?"
chiede il dentista. Lei acconsente e allora
ecco ch'apre le gambe alla signora
un'infermiera, che con gran fervore
gioca di lingua sulla passerotta.
Lei più non pensa al
trapano e ciangotta.
Coi baci ti fo i seni rilucenti,
il culo te lo liscio di carezze,
col concentrato delle tenerezze
ti fo i begli occhi limpidi e splendenti.
Ebbene, non ti senti più leggera
dopo le pulizie di primavera?
Io sono in guerra con
il poderoso
culo che pavoneggi a fondo schiena
e quando inquadro quella poppa piena
del tuo vascello bianco e luminoso,
che naviga imponente il mare oscuro,
vorrei
lanciargli un torrido siluro!
La nuova cameriera,
sai, mi pare
migliore delle altre: tette sode,
fianchi ubertosi, culo dieci e lode!
Ma soprattutto perchè
sta a guardare
con voglia le tue grazie. Mi sa che
stasera a letto ci saremo in tre...