Dal libro “Umanipolazioni” - Edizioni L’Oleandro -  1998

 

CARA SUTRA....

 

amica mia sconosciuta, non sapendo a chi altri, a te dedico queste mie ejaculazioni in rima, perchè - per quel giorno in cui per la prima volta t’avventurerai ad attraversar la strada fuori dalle strisce piedonali - è bene che tu sappia che la vita è un affare oltremodo nojoso, che di tant’in tanto conviene galvanizzare.

E quando dico "affare", intendo anche e soprattutto quel qualcoso virile che si erge o pende o esita a prender posizione, a seconda degli stimoli circostanti.

E le femmine pure - nel senso di anch'esse - dovrebbero dire "affare" per quel, anzi per quella che le riguarda.

Perché, nei fatti crudi, la loro giuggiola o è prolungata di tentacoli poliposi che tutt'intorno brancano voraci oppure - sibbene monca essa giuggiola di essi tentacoli per opinabile automutilazione perbenistica - non riesce tuttavia a tacitare la sua voce affè stentorea e calamitante più di un imbonitore di mercato.

Ora conviene, cara Sutra, che noi ci si introduca tosto in argomento, come diceva maliziosamente quel vìllico prima di svillaneggiare la villanella.

La qual essa villanìa compiuta, erano l'uno svuotato dei suoi umori più urgenti, l'altra alla gioiosa ricerca delle sue mutande nel fieno.

 

Tuo, Cialtron Quelsal.

 

 

Acrobata in un circo, lei ostentava

forme barocche nel bel costumino

e, volteggiando come un uccellino,

alfine ad un compagno s’aggrappava.

Là dove l’altro si faceva duro,

lei ritrovava appiglio più sicuro!

 

Bastò solo uno sguardo, in ascensore,

fra tanta gente. Tu mi rispondesti

plasmando la tua schiena alle mie vesti

tese dall'istantaneo turgore.

Ah, m'ancorai fra le tue amate sponde

come un vascello che rinnega l'onde!

 

 

Dolce malinconia di carni bianche,

marmo prezioso fra merletti neri,

sbuffi di panna che sui miei pensieri

si posano come colombe stanche.

Ma fra le gambe quel triangolino

fa piroette come un arlecchino!

 

Abito di buon gusto, bella donna,

lei si presenta per fare il provino

dei "Volti nuovi". Un tizio truffaldino

l'invita spiccio: "Tira sù la gonna."

Resta di stucco, poi si fa convinta

che il volto nuovo sta sotto la cinta.

 

La scopro che rovista nei cassetti

per rubacchiare spiccioli e quisquilie.

Minaccio e scopro le sue meraviglie

tirando sù la gonna: fra i merletti

infilo il pene vìndice. La serva

la sua condanna nello specchio osserva.

 

Alla bisboccia della goliardia,

fu estratta a sorte, quindi denudata

e data in pasto inerme e incappucciata

ad un'assatanata compagnia.

Ne prese tanti, di diversa gente,

ma uno solo… le rimase in mente!

 

 

Bruci nel sole, bionda cotoletta

ben impanata nel tuo costumino.

Balzi con uno scatto repentino

alla gelata doccia che t'aspetta.

Quell'acqua ghiaccia t'appuntisce il seno:

il mio cervello è vuoto, il cazzo pieno!

 

 

Che bella autostoppista! Mi fermai,

la testa intrufolò nel finestrino

per chiedere il passaggio. Un colpettino

ed il cristallo rapido rialzai.

                         Rimase intrappolata, a schiena china:

scesi e le feci indietro una sveltina.

 

 

La villanella che rimuove il fieno

ha una leggera veste in cotonina:

ad ogni sbuffo d’aria, s’alza e, china,

scopre il covone del suo culo pieno.

A quella vista, c'è sempre un villano

pronto a trebbiar con l'asta o con la mano.

 

Le cascano gli occhiali ed è una talpa,

non vede ad un sol palmo la zitella,

che si mantiene ancor formosa e bella:

va tastando alla cieca, finché palpa

il mio apparato. Poi si meraviglia:

" Che strana questa porta e che maniglia!"

 

Lei sfila sopra un carro, a Carnevale,

sirena in mezzo a un mare di cartone:

soltanto mezzo busto in ostensione,

il resto sotto. Un attrezzista sale

dentro il cassone, cala la mutanda

e gioca con la fica calda e blanda.

 

"Alla Bella Ortolana" è una bottega

dove ciliege e pesche non son chieste:

la florida padrona dalle ceste

cava cetrioli o all'avventore spiega

che banane e zucchine le ghiottone

le preferiscon sane, son più buone!

 

 

                               Quand’era piccolino, la fantesca

lo baloccava in vasca, ad ogni sera.

Lui mollava il sapone e questo era

il tormentone di un'ingenua tresca.

Passaron gli anni e non la saponetta,

lei trovò in acqua, ma la verga eretta.

 

 

Davanti a lei, seduti nel vagone,

scrutano in tre con occhi perforanti.

Si passa in galleria: mani brucianti

la toccan fra le gambe e l'emozione

la scioglie. Quando il buio s'è dissipato,

è il prete quel che pare il più turbato.

 

Il chiacchericcio fitto se ne sale

sull'ali d'un vinello generoso,

all'improvviso vuol toccare il coso

del suo vicino, serio commensale.

Fra le dita di seta lo tien caro,

mentre sorride a suo marito ignaro.

 

L'uscio della toilette ahimè si blocca

e solo può tentar la finestrella

per uscir fuori: va la nostra bella

a gambe avanti, ma rimane, sciocca,

 alla fine incastrata! Chi là passa,

coi suoi tesori schiusi se la spassa.

 

 

Lo sguardo del guardone alla fessura

della cabina al mare, presso l’onde,

lei se lo culla fra le poppe tonde

che imperla finemente la calura.

Quando ritorna in spiaggia, va rinata

come una barca fresca d'impeciata.

 

Perse e la penitenza toccò a lei.

Sol con la bocca, in una stanza scura,

dovea, bendata, ritrovar la dura

asta di suo marito fra altre sei.

Tentò più volte, finse di sbagliare

e le riuscì più a lungo di succhiare.

 

Ha la boccuccia fresca come rosa,

gli occhi profondi sono violacciocche,

campanule le tette e cento bocche,

, bocche di leone ha la sua cosa.

Quindi è una serra? No, non è serrata,

tantomeno è schiusa: è spalancata!

 

Come una segretaria vecchio stile

siedi sulle mie gambe sculettando,

così che mi vien duro, fino a quando

t'alzi turbata per quel mio fucile.

E mi rimbrotti, ma il rossore in viso

dice ch'hai ancora in corpo il paradiso!

 

Corri libera in sella per i prati,

ed ogni scossa stimola la fica.

Quando torni alle stalle, par che dica:

"Dammi al primo venuto!"  Lì fra i fiati

caldi dei purosangue, allo stalliere

la mostri e te la striglia a suo piacere.

 

Attenta al marinaro! Se ti tocca,

ti fa promesse che poi non mantiene!

Dice "Solo un bacino." Poi sostiene

"Non intendevo quello con la bocca,

ma quello che ci hai in basso!" Ora ti stringe

ed a tutto vapor dentro lo spinge.

 

 

Fece di Francia la Rivoluzione,

finì baldracca al seguito dei fanti,

per prendere bastoni, tanti e tanti!

Avea udito dir Napoleone

ch'ognun di loro nello zaino aveva

il baston del comando: quel voleva!

 

 

 

Quella che avea subito una rapina,

raccontava alle amiche che i banditi

l'aveano avvinta al letto e poi finiti

i traffici, godean la passerina.

"Ma questo non l'ho detto a mio marito!"

concluse e sulle labbra pose il dito.

 

 

Scoprì durante un viaggio nel Giappone

le Stanze del Piacere: eran cabine

di legno tutto buchi, finestrine

da cui spuntavan cazzi in erezione.

Potè succhiarli, farci cose strambe,

goderli fra le chiappe e fra le gambe.

 

 

Festa fra maschi, prima tanto bere

e poi un filmetto porno, che ghignate!

Là, fra le cortigiane mascherate,

proprio sua moglie gli par di vedere!

Quella che riteneva ormai scondita,

ora si fa minestra saporita.

 

"Glande" lo chiami questo mio carnoso,

villano cazzo, ch'ora ti balocchi

“umettandolo” in bocca, a lesti schiocchi

sapienti della lingua. Decoroso

nella tua bocca fai parer perfino,

o amata, un comunissimo pompino.

 

 

Chiese curiosa "Che? Godemiscè?"

La guida del museo disse ammiccando

"E' un pisello d'avorio, ch'ebbe quando

amò due re di Francia la Puatié.

Per la bella Diana giammai sazia

lo cesellò Cellini, con sua grazia."

 

 

Infoderi le gambe affusolate

dentro le calze scure, lisce e tese:

sembran lame lucenti, dall'imprese

di toreri andalusi consacrate.

Dal nero, il corpo bianco si scatena

come l'urlo del pueblo nell'arena!

 

 

Telefoni ad un altro e, va'a sapere,

per caso trovi me. Dopo un nonnulla,

confessi le tue voglie di fanciulla,

le piroette che ti fan godere.

Io penso che domani sarà atroce:

tutte le donne avranno la tua voce!

 

Voleva arrotondare il suo salario

Concetta, la domestica, ed allora,

quando non era in casa la signora,

faceva col padron lo straordinario.

Lui il corpo di denaro s'adornava,

lei solo con la bocca lo incassava.

 

"Vuole provare il metodo indolore?"

chiede il dentista. Lei acconsente e allora

ecco ch'apre le gambe alla signora

un'infermiera, che con gran fervore

gioca di lingua sulla passerotta.

Lei più non pensa al trapano e ciangotta.

 

Coi baci ti fo i seni rilucenti,

il culo te lo liscio di carezze,

col concentrato delle tenerezze

ti fo i begli occhi limpidi e splendenti.

Ebbene, non ti senti più leggera

dopo le pulizie di primavera?

 

 

Io sono in guerra con il poderoso

culo che pavoneggi a fondo schiena

e quando inquadro quella poppa piena

del tuo vascello bianco e luminoso,

che naviga imponente il mare oscuro,

         vorrei lanciargli un torrido siluro!

 

 

La nuova cameriera, sai, mi pare

migliore delle altre: tette sode,

fianchi ubertosi, culo dieci e lode!

Ma soprattutto perchè sta a guardare

con voglia le tue grazie. Mi sa che

stasera a letto ci saremo in tre...